Il luogo del delitto
Sono le 2:22 di notte del 15 agosto 2007 e nel piazzale davanti al ristorante "Da Bruno", a Duisburg, due killer sparano 70 colpi di arma da fuoco e uccidono sei uomini. Il più giovane ha solo 16 anni, il più vecchio non ne ha nemmeno 40. Sono tutti italiani. Tutti calabresi. È un bagno di sangue. Nelle ore seguenti i notiziari tedeschi non fanno che parlare di quella che viene già definita una "vendetta di mafia, una faida tra clan".
Quella notte di Ferragosto del 2007 è una donna tedesca che passa di lì ad avvertire la polizia della sparatoria. Aveva incrociato i killer sulla strada qualche minuto prima di sentire gli spari. Gli agenti che si precipitano nella Mülheimerstraße 38, a pochi passi dalla stazione di Duisburg, trovano una Golf nera targata Pforzeim e un furgone Opel bianco targato Duisburg posteggiati vicini e crivellati di colpi. Le vittime sono: Tommaso Venturi, 18 anni, Francesco Giorgi,16 anni, i fratelli Marco e Francesco Pergola, 20 e 22 anni. Marco Marmo, 25 anni. E il proprietario e cuoco del locale, Sebastiano Strangio, 39 anni.
Il commissario tedesco
Nelle ore successive alla strage Heinz Sprenger diventa l'uomo del momento: è il commissario tedesco a capo della Mordkommission, la squadra omicidi della stazione di polizia di Duisburg. Sprenger è deceduto da tempo, qui ricostruiamo il caso grazie alle molte interviste di archivio e alle pagine della sua autobiografia "Der wahre Schimanski" (Riva Verlag), il vero Schminaski, titolo che ricorda un famoso commissario e personaggio di un telefilm tedesco. Nella sua autobiografia Sprenger ricostruisce gran parte delle indagini. Già nelle prime ore emerge la causa scatenante degli omicidi, riconducibile alla faida di San Luca, una guerra tra clan di 'ndrangheta rivali.
Gli italiani in Germania sotto shock
La comunità italiana di Duisburg, ma non solo, è sotto shock. Nel podcast su quella che poi verrà chiamata anche la strage di Ferragosto si sentono alcune voci con le impressioni di quelle prime ore. Qualcuno dice: "Noi siamo italiani, è successa una cosa così in Germania", e poi: "Tutti parlavano di questa 'ndrangheta calabrese. Ma nessuno sapeva niente di questa gente, da dove veniva, dove stava, chi erano". Altri ricordano: "L'ho saputo da mia figlia che mi ha telefonato e mi dice 'papà non posso entrare al lavoro' e mi ha chiesto se l'andavo a prendere".
Il prete italiano di Duisburg
All'interno della comunità italiana c'è una persona che fin dalle prime ore è in prima linea, è don Adriano Lucato, allora prete della Missione cattolica italiana di Essen e della zona fino a Duisburg. In una lunga intervista condivide con Cristina Giordano i suoi ricordi.
Al mattino del 16 agosto 2007 viene contattato per recarsi in una casa per anziani di Mülheim an der Ruhr, dove si trovava la mamma di una delle vittime, Tommaso Venturi, cresciuto a Mülheim, che aveva appena compiuto 18 anni. Don Adriano Lucato è incaricato di comunicarle la notizia e lenire gli effetti del trauma.
Don Lucato, ripensando all'incontro con la donna, ricorda: "Aveva preparato il pacchetto del regalo per il suo Tommaso. Era emozionata tantissimo, pensava di consegnargli il regalo quel giorno lì, quando Tommaso sarebbe andato a trovarla. Mi pare fosse un cd della musica che lui preferiva."
I fiori di sangue sulla camicia
Tra i ricordi di don Lucato anche il momento in cui vede la salma di Tommaso Venturi. "Era cameriere nel ristorante (…) aveva la camicia bianca di servizio, era al secondo posto nei catafalchi (…) era lì disteso su questo catafalco e quando l'ho visto mi è venuto spontaneo di abbracciarlo ma il poliziotto mi ha staccato. Ho presente la camicia bianca con i colpi e tanti fiori rosso scuro del sangue ormai rappreso".
Durante il funerale, che il prete italiano celebra in Germania, don Lucato raccoglierà anche i ricordi dei compagni di classe di Tommaso. "Sono arrivati in gruppo con un loro insegnante, li ho salutati e ho parlato anche a loro del loro compagno che era già nella bara. Stavamo per cominciare le esequie e ricordo che loro mi parlavano di lui come di un simpaticone.
Ho visto la partecipazione di questi ragazzi e ragazze della sua età, o più giovani, e mi ha molto commosso. Dicevano che (ndr. quando era in vita) non riuscivano mai a parlare con serietà con lui perché era sempre scanzonato, prendeva sempre tutto alla leggera. Era come l'amico preferito di tutti."
L'affiliazione al clan di 'ndrangheta
Don Lucato ricorda che la famiglia di Tommaso Venturi ha sempre rifiutato l'idea che quella notte di Ferragosto, prima della sua morte, per il ragazzo si fosse tenuto un rituale di iniziazione al clan di 'ndrangheta.
Di altra opinione l'allora procuratore di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che dice: "Nel portafoglio di uno dei sei morti c'era l'immagine di San Michele Arcangelo con la testa bruciata. Quell'immagine con la testa bruciata è stata usata per battezzare uno 'ndranghetista, un giovane, un "contrasto onorato" che è diventato "picciotto". Viene usato San Michele Arcangelo che è il santo che con la spada fa giustizia".
Gratteri spiega inoltre: "C'è quest'apparente contrasto tra l'antico e il moderno, ma che in realtà è la vera forza della 'ndrangheta. L'osservanza ortodossa delle regole consente di controllare in modo capillare e asfissiante tutti gli affiliati, mentre un controllo blando rende più facilmente indisciplinati i soldati."
Clicca in alto per ascoltare il primo episodio di "Sangue a Duisburg", il nostro speciale sui 15 anni dalla strage di Duisburg - quando la Germania si scoprì terra di mafia.
Le ricerche negli archivi, le interviste, la ricostruzione del caso e il testo sono di Cristina Giordano. La supervisione è di Tommaso Pedicini.